B-Movies e Cinema Trash


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Zardoz




 Regia: John Boorman

Produzione: Gran Bretagna, 1974

Durata: 102'

Cast: Sean Connery ,Charlotte Rampling ,Sara Kestelman, John Alderton, Niall Buggy, Sally Anne, Newton Bosco, Hogan Christopher, Casson Bairbre, Dowling Reginald, Jarman Jessica Swift, John Boorman

Trama:  Nell'anno 2293 gli "immortali" (che sono i ricchi, i potenti e i più intelligenti dell'epoca storica precedente), grazie a un progresso scientifico e tecnologico straordinario, vivono in un "Vortex". Si tratta di una dimensione alternativa dell'esistenza, staccata per sempre dalla vita normale. Gli immortali sono però afflitti e annoiati (resi quasi paranoici) dalla loro condizione oramai divina. Sono divisi in tre categorie: gli immortali "semplici", che se la godono per quanto possono; gli "apatici", vinti dalla noia e immersi nell'atarassia; e i "rinnegati" che, a furia di contestare il sistema asfissiante, sono stati condannati a vivere sì in eterno, ma da vecchi.
A nutrire questa sorta di Olimpo c'è la gente normale che, esclusa dal Vortex, è rimasta mortale: sono i "bruti". Quest'ordine infimo dell'umanità è schiavizzato, torturato e ucciso dagli "sterminatori", perituri anche loro, ma armati e organizzati dagli immortali.
Tra i guerrieri schiavisti c'è il protagonista, Zed, che — animato dalla propria curiosità e dal desiderio d'avventura — approfitta dell'unico strumento di comunicazione tra i due mondi: Zardoz, un dispositivo dalla forma di una ciclopica testa di pietra, capace di attraversare le barriere tra le diverse dimensioni.

Opinione del Club: Zardoz è uno di quei film che sicuramente nasce da un ‘ idea interessante ma che poi viene realizzato in modo sciatto, pacchiano e decisamente noioso. Già la scelta del costume di Sean Connery e dei suoi compagni d’ arme la dice lunga : una sorta pannolone rosso, degli stivaloni da corazziere del ‘700, due bandoliere arroganti con qualche cartuccia messa li a caso e un enorme ed ingombrante elmo che raffigura il loro dio Zardoz.

Anche la realizzazione della sorta di Eden dove vivono gli esseri immortali che controllano la terra lascia a desiderare, molto stereotipata e priva di tratti di originalità, sicuramente risente del gusto dell’ epoca ma se lo si paragona con i grandi classici della fantascienza di quegli anni non regge minimamente il confronto. Lo standard del film è molto basso in generale, nemmeno la presenza di un mostro sacro del cinema come Sean Connery riesce a risollevare la situazione, anche per il fatto che praticamente non dice una parola per tutto il film. Ho detto che il film nasce da un idea interessante e questo va concesso.

Molti elementi, seppure in modo confusionario e sommario, si incontrano all’ interno della narrazione : riflessioni sul libero arbitrio, sulla coscienza umana, sulla religione, sull’ immortalità del corpo e della mente, sulla contrapposizione mondo primitivo e brutale-mondo civilizzato e democratico, morte ed eternità…si forse fin troppe questioni per essere adeguatamente trattate in un film di un ‘ora e mezza. Bisogna comunque ammettere che il regista ci prova ed in alcune parti il film può risultare quasi “avvincente”, le tematiche ci sono ma vengono trattate in modo sommario e poco efficace e di pochi momenti di pathos non riescono a risollevare le sorti di una pellicola che pretende troppo ma che concretizza poco.

Un elemento che però mi è piaciuto particolarmente è quello di come vengono gestiti i crimini e le insubordinazioni nel mondo dell “Eden” dove tutti sono immortali, i condannati ovviamente non possono morire e quindi vengono invecchiati di tot. anni in base alla loro pena ed infine esiliati in una sorta di “Balera” .

L’atmosfera nella balera è inquietante e nostalgica, abitata solo da vecchi vestiti con da sera sporchi e logorati dall’ eternità in preda alla demenza senile che ballano sotto le note di qualche vecchio Walzer gracchiante.

Simpatica anche se un po’ trash la trovata che il nome del Dio “Zardoz” non sia altro che un anagramma di “The Wizard Of Oz” ,libro che il protagonista scoprirà in un antica biblioteca abbandonata nel vecchio mondo e che lo porterà a capire la falsità delle sue convinzioni che lo portavano a uccidere innocenti e a confiscare i loro beni in nome del proprio dio.

Tirando le somme di questa pellicola si può solo constatare per l’ennesima volta di come corra un mare tra “buone idee” e “buona realizzazione” e che la presenza di un grande attore non basta a salvare un esperimento cinematografico in definitva fallimentare, con troppe pretese e poca sostanza.
<PsychoMachius>


Voto del Club:


Qualità Cinematografica:

Livello di Marciume:

Hanno Detto:
"Avevo un vago sentore che questo non fosse esattamente un film brutto e alla fine ne ho avuto piena conferma; dunque: cos'è? Direi con una plausibile certezza che si può classificare come quella che io chiamo "fantascienza impegnata" o "pre-Guerre Stellari" quando ancora la spettacolarità e il divertimento erano confinati nei film a basso costo mentre produzioni più importanti come questa [...] sfruttavano l'elemnto tecnologico , futuristico per analizzare le grandi questioni umane. [...] Il marciume è presente ma involontario, potremmo dire: costumi assurdi, ambientazione improbabile, nudità a profusione, Sean Connery travestito da sposina, etc."
Magneto

Indio Black, sai che ti dico? Sei un gran figlio di...

Titoli Alternativi: Adios, Sabata!

Produzione: Italia/Spagna 1970

Durata: 104'

Genere: Western

Regia: Gianfranco Parolini

Cast: Yul Brynner, Dean Reed,Ignazio Spalla,Gérard Herter,Sal Borgese,Franco Fantasia,Joseph Persaud

Trama: Il messico è ancora una provincia dell'impero austriaco di Massimiliano, ma la resistenza messicana si sta organizzando e sempre più focolai di ribellione scoppiano nelle città. Il capo della rivoluzione, Ocaño, (Franco Fantasia) incarica Escudo (Ignazio Spalla), un messicano ribelle, di derubare un ingente carico d'oro che sarebbe partito, pochi giorni dopo, da un forte austriaco. Per aiutare Escudo e i suoi uomini nell'impresa, Ocaño li affianca ad Indio Black (Yul Brynner), un formidabile pistolero, anche se "gringo". Al gruppo si unirà anche Ballantine, un vecchio amico di Indio Black. Giunti sul luogo della rapina però, qualcuno li precede: altri messicani si impossessano del carico. Non riconoscendoli, Indio Black e Escudo attaccano e uccidono quelli che sembrano guerriglieri. Dopo aver vinto lo scontro, si impossessano del carro con l'oro e cercano di capire di più su quello che è successo: i guerriglieri infatti erano austriaci travestiti. Mentre portano l'oro da Ocaño, oro che serviva per comprare altre armi per la rivoluzione, vengono a sapere però che la rivoluzione è quasi conclusa: gli austriaci si stanno ritirando quasi dappertutto, perciò i 5 sopravvissuti decidono di dividersi l'oro piuttosto che consegnarlo e farlo finire chissà dove a rivoluzione conclusa.

Opinione del Club: Aprirò come spesso faccio questa recensione con una piccola curiosità che riguarda questo film: questa pellicola fu girata dal regista, Gianfranco Parolini, immediatamente dopo "Ehi, Amico, C'È Sabata, Hai Chiuso!" e immediatamente prima di "È Tornato Sabata... Hai Chiuso un'Altra Volta", entrambi con Lee van Cleef a interpretare il pistolero Sabata. Il pubblico, o forse la produzione, decise immediatamente che questo film doveva far parte con gli altri due di una sorta di trilogia di Sabata, nonostante la completa assenza (nella versione originale) sia di personaggi di nome Sabata, sia di Lee van Cleef - infatti, come si evince dal titolo, il film narra delle vicende di un pistolero di nome Indio Black, interpretato da Yul Brinner.

Questo è stato prontamente aggiustato nella traduzione inglese. Infatti la distribuzione americana, probabilmente confusa dalla presenza di un film privo di Sabata all'interno della trilogia di Sabata, decise prontamente di "affiustare" il nome del personaggio di Yul Brinner, nonché il titolo, tant'è che il film venne distribuito negli Stati Uniti, e in effetti in ogni altra traduzione, con titoli come "Adios, Sabata!"

Detto ciò, "Indio Black, Sai che ti Dico... Sei un Gran Figlio di..." si è dimostrato uno spaghetti western valido, con forse un po' troppa insistenza sui personaggi di supporto comico, e con un casting a nostro avviso un po' discutibile, ma andiamo per ordine.

Il film si apre con la classica scena che introduce il personaggio principale come un abile pistolero. Dopo la solita introduzione nella quale il nostro eroe fa fuori un tizio a caso di fronte alla folla in delirio, si comincia a spiegare l'ambientazione, oavevavvero, un Messico ancora sotto il controllo dell'imperatore Massimiliano d'Asburgo. Siccome gli austriaci sono persone distinte, l'antagonista di turno, avrà un imbarazzante monocolo e un galeone in miniatura con cannoni che sparano davvero, che abbiamo piuttosto apprezzato nonostante la pacchianeria.

La resistenza messicana ingaggia Indio per trafugare dell'oro. Lungo la strada Indio e i messicani inviati ad aiutarlo incontrano Ballantine, un vecchio amico di Indio Black, e decidono di portarselo dietro. In effetti Indio Black e Ballantine hanno dinamiche un po' strane a metà strada tra l'amicizia e il cercare costantemente di fregarsi l'un l'altro, quindi non si capisce esattamente perché il gruppetto decide di portarselo appresso.

Cominciano anche a questo punto una serie di battute di bassa lega a proposito di come uno dei messicani fosse un "uomo con tre palle" perché possedeva tre sfere d'acciaio che era in grado di scagliare con grande precisione coi piedi grazie a delle scarpe appositamente sagomate. Non possiamo esimerci dall'apprezzare l'originalità.

In effetti non è l'unico modo in cui il film cerca di essere originale, regalandoci tra le altre cose oltre a qualche ulteriore tamarrata tecnologica oltre al galeone (come il fucile di Indio Black), un messicano danzatore di flamenco e un duetto di piano tra Indio Black e Ballantine, che a quanto pare sono soliti dilettarsi in qualche sonata di Schubert quando non cercano di derubarsi a vicenda.

In generale la pellicola si dimostra piuttosto divertente, facendo forse leggermente troppo affidamento sulle peculiarità dei personaggi, come quelle appena citate, per evitare che lo spettatore si annoi troppo durante una parte centrale del film forse leggermente noiosa dal punto di vista della trama in quanto tale. Va detto che però nonostante ciò il film si risolleva con una lunga parte finale nella quale la trama si risolve durante l'assalto alla fortezza del Colonnello Skimmel, altresì noto come il tizio col monocolo di cui sopra, con accion a raudales e continui colpi di scena fino al trionfo del nostro Indio Black.

In tutto questo forse la pecca maggiore del film è che il personaggio di Yul Brinner tende un po' a scomparire in mezzo alla calca degli altri personaggi, spesso molto caratterizzati, che gli si affiancano. In generale il personaggio di Indio Black non risulta particolarmente memorabile nonostante le buone premesse, e abbiamo avuto la distinta impressione che forse altri attori avrebbero saputo dare al personaggio una maggiore freschezza.

Ad ogni modo nonostante alcune pecche il film è sicuramente di buon livello e non annoia mai. Consigliato a tutti gli amanti dello spaghetti western.
<The RedMage>


Voto del Club:


Qualità Cinematografica:

Livello di Marciume:


Hanno Detto:
"Film medio, bella la storia ma con un protagonista secondo me veramente anonimo... Non credo che Yul sia riuscito a dare il meglio di sé in quel ruolo. Comunque film apprezzabile."
Psychomachius

"Non ha riscosso molto successo perchè è stato visto dopo Keoma, ma io l'ho apprezzato."
CapitAno

Double Impact - Vendetta Finale

Titolo Originale: Double Impact

Regia: Sheldon Lettich

Produzione: USA '91

Genere: Azione

Durata: 109'

Cast: Jean-Claude Van Damme, Geoffrey Lewis, Alan Scarfe, Bolo Yeung, Alonna Shaw, Philip Chan

Trama: 1966: la triade di Hong Kong stermina una ricca famiglia, non riuscendo a uccidere però i due figli gemelli appena nati: Chad e Alex. Un amico del defunto padre dei due, lo "zio Frankie", prende in custodia Chad. La governante, rimasta viva dalla sparatoria, prende in custodia Alex. I due gemelli crescono in modo diverso: Chad molto educato e di buone maniere, viene allevato nella palestra di Karate di Frankie, Alex invece, più rozzo e furbo, cresce sulla strada e diventa un trafficante d'auto rubate. I due s' incontrano dopo 25 anni, per volere di Frankie, e, dopo una lunga e tortuosa strada per la riconciliazione e il rispetto reciproco, progettano di vendicare il brutale assassinio dei loro genitori.

Opinione del Club: Questo film, che mi risulta sia stato l'esordio al Club del Marcio di uno dei grandi Action Heroes degli anni '90, Jean-Claude van Damme (dato che ormai la riserva di film di Steven Seagal che non abbiamo ancora visto comincia a scarseggiare) si è rivelato decisamente divertente con dei notevoli tocchi di marcio che ci hanno aiutato a trascorrere dilettevolmente le sue quasi due ore di durata.

Il film si apre ad Hong Kong, con l'inaugurazione di un tunnel da parte dei due proprietari, al termine della quale le triadi decidono bene di sterminare uno dei due insieme a tutta la sua famiglia, d'accordo con il suo socio, interessato ad ottenere il controllo dell'intera azienda, utilizzando individui chiaramente insospettabili come quello in qui a destra. I due giovanissimi figli gemelli dell'imprenditore però riescono a sopravvivere, tratti in salvo l'uno da un amico di famiglia, e l'altro dalla governante. I poveri mafiosi e il malvagio affarista non sanno quello che li aspetta: infatti uno dei due gemelli si rivelerà essere Jean-Claude van Damme, e l'altro... Pure.

Il film segue poi la vicenda del primo dei due gemelli, cresciuto da "zio Frank" - questo il nome dell'uomo che gli aveva salvato la vita - a Parigi quando, 25 anni dopo, il suo genitore adottivo riesce finalmente a rintracciare l'altro gemello. Frank trascina van Damme 1 a Hong Kong, cosicché lui possa incontrare van Damme 2 e cercare di vendicarsi dell'assassino del padre. Van Damme 2 però si rivela essere a sua volta un piccolo criminale, cresciuto sulla strada e impegnato in operazioni di contrabbando. Tra i due ci saranno molteplici incomprensioni, finché, alla fine, riusciranno finalmente a unire le forze e ottenere la propria vendetta.

Grazie a un'ottima gestione delle tempistiche narrative, il film scorre molto bene e si arriva alla fine senza annoiarsi mai. Si ha, talvolta, la sensazione che manchi qualcosa, che le scene di azione sarebbero potute essere qualcosa di più, che il film non stia regalando quelle assurde scene di irrealistica devastazione gratuita che avevano, e avrebbero poi in futuro, reso celebri altri film di azione (un nome su tutti: la serie Die Hard) o magari qualche atto di ugualmente gratuita e implausibile arroganza, come quelli per i quali sempre apprezziamo il possente Steven (e che sono diventati sempre più radi nelle produzioni più recenti). Tuttavia, nonostante questo gli impedisca forse di raggiungere l'olimpo delle pellicole di azione viste al club, non toglie che il film sia di discreto livello e una tacca sopra a molti altri. La trama non presenta grossi buchi, e usa anche qualche espediente piuttosto astuto.

Una menzione speciale va fatta a questo punto per il guardaroba del primo van Damme, che ci viene mostrato per la prima volta con un'assurda tutina blu superaderente, prosegue con degli imbarazzanti pantaloncini rosa, e non migliora di molto per il resto del film. Non abbiamo capito dove volessero andare a parare con quell'abbigliamento.

Ma torniamo al discorso degli espedienti astuti. Per esempio, il van Damme francese, forse per colpa delle sue discutibili scelte in fatto di abbigliamento, è privo di un partner femminile. Il van Damme cinese, invece, ha una ragazza (che peraltro lavora nell'impresa dell'antagonista di turno) e alcune delle sue azioni saranno scatenate dal timore che lei lo stia tradendo col suo gemello. Va detto che anche questo dettaglio pregevole a livello di sceneggiatura viene poi messo in atto piuttosto male a livello di regia e montaggio, con una lunga sequenza nella quale il van Damme geloso si ubriaca immaginando gli altri due mentre fanno sesso, ma senza che rendere chiaro il fatto che lui si sta immaginando, e che non stiamo effettivamente osservando due scene che accadono in contemporanea (una nella quale van Damme si ubriaca, e una nella quale la ragazza di van Damme lo tradisce con van Damme). Supponiamo che il regista volesse solo infilare nel film una scena di sesso, e che questo sia quanto di meglio sia riuscito a fare.

Questa non è in ogni caso la più grande pecca del montaggio. In effetti, la domanda che vi sarete già posti a questo punto è: i due van Damme appaiono mai sullo schermo nello stesso momento? E se sì, come? Mentre nelle scene di azione la regia si dimostra sapiente nel separare i gemelli o metterli in situazioni nelle quali l'uso di controfigure non fosse troppo evidente, nelle scene più tranquille la compresenza dei due è realizzata con un'orribile sovrapposizione di pellicola, con un'illuminazione criminale che rende palese la tecnica usata e una realizzazione tecnica discutibile che talvolta fa sembrare i due addirittura fuori scala l'uno rispetto all'altro.

In effetti questo aspetto del film, che contribuisce in larga misura al suo Livello di Marciume, risultava talmente ridicolo che ci ha grandemente aiutato a tenere i nostri occhi incollati allo schermo e risulta uno dei punti salienti della pellicola per un cultore del brutto. Per il resto non molto da segnalare, gli effetti speciali nelle scene di azione sono realizzati in maniera dignitosa, anche se come in molte pellicole nelle quali è presente van Damme, c'è un certo abuso della slow-motion, e l'unico grosso dubbio che la trama ci ha lasciato è perchè lo Jean-Claude francese, che come lavoro fa l'insegnante di Karate e indossa tutine discutibili, sia misteriosamente competente nell'uso di una larga varietà di armi automatiche. È facile però fingere di dimenticarsi di questo dettaglio alla luce del fatto che questo è pur sempre un film di azione.

In definitiva il film è decisamente valido. chi ama i film di azione non resterà deluso, e anche il cultore del marcio avrà pane per i suoi denti. Niente di eclatantemente entusiasmante, ma comunque consigliato.
<The RedMage>






Voto del Club:


Qualità Cinematografica:

Livello di Marciume:

Hanno Detto:
"Devo dire che mi ha fatto piacere rivedere questo film dopo tanti anni. Lo avevo visto la prima volta quando ero bambino. Ci sono tanti spari e tanti calci girati e saltati (per van Damme piegare articolazioni è per deboli!) ma le scene in cui compaiono insieme i due gemelli sono orribili qualitativamente."
Sade

"Pensavo peggio, avere due van Damme nello stesso film era bellissimo, anche se quando si vedevano insieme erano montati in modo veramente marcio. Comunque nel complesso abbastanza divertente ma non mi ha lasciato nessuna scena culto."
Psychomachius

"Non ho mai visto una tutina blu tanto orripilante in vita mia... Mi ha tolto qualsiasi voglia di fare attività fisica per sempre."
La ragazza del Mago Rosso

"Rivederlo in chiave marcia me lo ha fatto apprezzare di più. Van Damme con quella tutina blu è impagabile mentre fa il bono con le signore. Oltre all'abbigliamento orrendo, è tremendo anche il metodo usato per raffigurare i van Damme insieme, però è anche vero che nel 1991 la tecnologia era quella che era. I calci volanti mi sono piaciuti ma, come in tutti i suoi film, c'è sempre un abuso di ralenti. Il cattivone Bolo Yeung è bello."
CapitAno

In the Name of the King 2: Two Worlds

Regista: Uwe Boll

Produzione: USA, Canada 2011

Genere: Fantasy/Azione

Durata: 96'

Cast: Dolph Lundgren, Natassia Malthe, Lochlyn Munro

Trama: Granger (Dolph Lundgren) - un ex soldato delle forze speciali che vive a Vancouver ai giorni nostri - è inviato in missione per adempiere ad una antica profezia. E' trasportato contro la sua volontà in un portale spaziotemporale dopo aver combattuto un gruppo di assassini incappucciati giunti fino alla sua abitazione per ucciderlo. Trovandosi centinaia di anni nel passato in un reame dilaniato dalla guerra, a Granger non resta scelta che allearsi con la bella guaritrice Manhattan per uccidere il capo degli "Oscuri", una strega nota come la "Sacra Madre".
Granger dovrà dar fondo a tutte le sue conoscenze per salvare il reame e -al tempo stesso- il mondo da cui proviene.

Opinione del Club: Se questo film non avesse potuto contare sulle doti recitative di un attore profondo e sensibile quale Dolph Lundgren, sarebbe stato difficile trovargli qualche aspetto positivo: con questo credo di aver detto abbastanza su quanto ci aspettavamo e che -a conti fatti- si è rivelato essere un'ipotesi abbastanza accurata.

"In the name of the King 2" parte come sequel dell'omonimo, ma al di là del nome e di un paio di accenni ben nascosti nella trama le somiglianze si fermano qui. Dolph, un ex militare affetto da dipendenze varie e l'immancabile shock post-bellico (vi ricorda qualche altra sua pellicola? Dovrebbe.) viene preso e catapultato nel più tipico mondo medieval-fantasy dove un re basso, brutto e alchimista lo investe del nobile incarico di uccidere la cattiva di turno.

Immaginarsi un Dolph vestito di giacca mimetica e kefiah al collo mentre dispensa violenza non necessaria a chiunque gli si pari davanti rappresenta un buon esempio del 60% del film. La parte migliore e più sincera, su questo non ci sono dubbi.

L'estrema semplicità della trama unita alla poca se non nulla espressività di Dolph tuttavia ha reso gli apprezzamenti da parte dei membri del Club sospettosamente pacati se non - a tratti - positivi. Il protagonista perennemente stanco di vivere (quale scena di romanza mancata!) che pare risollevarsi soltanto quando gli si para davanti la vittima di turno sembra quasi svettare in mezzo agli altri attori dalle doti recitative modeste, e confesso che mi sono stupito nel vedere in certi momenti una tanto grande carenza nell'interpretazione da parte di tutti in un film che - diciamolo - a livello di scenografia è realizzato anche piuttosto bene.

Certo, non potevano mancare gli effetti anali qui incarnati nell' (a) animale mitologico in falsissima CG e (b) nel portale del castello ripreso ogniqualvolta era possibile e che sembrava uscito dalla pubblicità del PlayMobile.

Alla fine, dovendo tirare le somme sulla pellicola è piuttosto difficile trarre un giudizio positivo: gli elementi sopra citati lo rendono chiaramente un trash ma i toni fantasy e la scelta degli ambienti (le parti medievali sono state girate in Canada, pare) aggiungono un tocco di guardabilità alla pellicola fino a far pendere l'ago della bilancia sulla definizione "buon trash". Di certo non spiccheranno gli attori o la profondità della trama ma vedere In the Name of the King 2 non è stata un'autopunizione.
<Felio>



Voto del Club:


Qualità Cinematografica:

Livello di Marciume:

Hanno Detto:
"Diamine, dall'espressione nemmeno il nostro protagonista pare credere che ce la farà!
Anche lo stesso regista forse avrà provato dei dubbi, ma il nostro Uwe preferito (e credo anche unico) non è un debole, tant'è che questo film lo ha distribuito lo stesso."
Allen

Maximum Conviction



Regia: Keoni Waxman

Genere: Azione

Produzione: USA 2012

Durata: 98 min.

Cast: Steven Seagal, Steve Austin, Michael Paré, Aliyah O'Brien, Bren Foster, Steph Song, Michael Adamthwaite, Lauro Chartrand, Teach Grant

Trama: Due ex-agenti speciali, Cross e Manning, sono stati incaricati di mettere in disuso una vecchia prigione, ma anche di sorvegliare due prigioniere speciali. Mentre Cross è via e Manning è impegnato in una riparazione di un camioncino, un gruppo di mercenari assale la prigione per recuperare le due ragazze, che si scopreranno essere qualcosa molto più grande di quanto avessero immaginato inizialmente.

Opinione del Club: Nel 2012 i due signori del direct to video d'azione si mettono insieme alla corte del signor Keoni Waxman, per tirare sù una pellicola che ha tutte le carte per essere un film simpatico; non bello, ma un film che ti lasci comunque il sorriso sulle labbra. Waxman è un mestierante di dubbio gusto che però ha messo un paio di oneste uscite come "A Dangerous Man" nel 2009. Adesso ha due bei manzi al suo servizio dopo aver lavorato con entrambi separatamente, ed essi sono, il mio maestro di vita Steven Seagal e Steve Austin.

Il film si ambienta in una prigione, che in teoria dovrebbe essere segreta, durante lo spostamento di alcuni carcerati. Ovviamente ci sarà l'inghippo con il traditore all'interno che fa entrare il commando dei cattivi. Cazzi loro. Si sono infilati in un posto a litigare con i due Steve più pericolosi degli States.

Tutte queste condizioni contribuiscono a stuzzicare la curiosità dello spettatore che ha tutto il diritto di sperare in qualcosa di buono. Ebbene le sue speranze sono ben riposte a metà.

Per la prima parte del film si potrà gustare per lo più il capo dei cattivi scatenare la sua prepotenza sulle comparse impersonando lo stereotipo più comune del cattivo senza scrupoli che uccide tutti senza guardare in faccia nessuno, basta che non interferisca con il suo machiavellico e perfetto piano. Nel frattempo Steve Austin se ne sta nell'officina a smongolare un po' sparando ad altre comparse, lo Steve ben più bello e pasciuto scorrazza qua e là menando ogni tanto le mani. Carino ma vogliamo di più.

Tuttavia ogni tanto le mani volano e questo ci rallegra sempre ed è, nella prima parte, soprattutto Seagal a sollazzarci. Subito all'inizio prenderà un negro veramente enorme sciagattandolo come una busta, in seguito metterà le mani su altri sfortunati rivoltosi roteandoli in svariate maniere sbattendoli contro i numerosi spigoli della prigione.

Certe volte sembra che intorno a Seagal ci siano decine di architetti ed ingegneri pronti a costruire edifici spigolosissimi in cui Steven possa sbizzarrirsi facendo male alla gente.

Il momento più alto di ilarità è quando Steven si presenta alla resa dei conti uscendo da un angolo con tutta l'imbracatura da soldato risultando l'essere più gonfio del mondo, allorchè prende il cattivo e lo bussa come un portone volandolo contro armadi ed altri inutili orpelli fatti apposta per spaccarci la gente sopra.
Anche Steve Austin si sveglia sul finale e cerca anche di dare una patina istrionica al suo personaggio sparando battute anche vagamente ispirate sulla ficona cazzuta di turno tipo "chi ha ucciso la mia futura ex-moglie?" ed in seguito picchia duro anche lui facendo valere il suo fisico ancora prestante a differenza del suo pachidermico collega.

Maximum Conviction, contestualizzato nel mondo dei Direct to video, non è male però le risse di Steven, sempre più statiche, hanno perso quel gusto per la violenza che ancora fanno gridare di gioia quelle quattro fave che ancora lo seguono, Steve Austin ci prova e ci crede ma rimane troppo in ombra e non incide quanto uno con le sue credenziali potrebbe fare. Waxman ha perso un occasione per regalare un cult al mondo del cinema action di serie B, ma le basi ci sono e nel mio cuoricino romantico mi piace pensare che sia in produzione un sequel cazzuto costruito su queste basi.

Al mio collega Emiliano è piaciuto parecchio, io ho delle riserve perchè questo film poteva regalarci gioie infinite rispetto a quello che ha dato. Tuttavia rimane il fatto che siamo di fronte ad uno dei migliori prodotti di Seagal degli ultimi dieci anni.
<Capitano Ano>


Voto del Club:


Qualità Cinematografica:

Livello di Marciume:

Hanno Detto:
"C'è tutto quello che serve a un film di Seagal: botte, violenza e grilletti facili. La presenza del mio idolo Steve Austin poi me l'ha fatta prendere benissimo. Comunque Steven col giubbotto tattico non si poteva vedere, raddoppiava la sua massa corporea di 10 volte diventando quasi più grosso di Austin."
PsychoMachius